Affitto breve e locazione turistica – Normativa e rischi del nuovo business

INDICE:
- IL BOOM DELLE LOCAZIONI BREVI A USO TURISTICO
- CAMBIA IL TURISMO, L’HOSPITALITY E (PIAN PIANO) CAMBIA IL DIRITTO
- LOCAZIONI BREVI TURISTICHE: UN BUSINESS PIU’ VELOCE DEL DIRITTO
- LOCAZIONI BREVI A SCOPO TURISTICO E ATTIVITA’ DI RICEZIONE TURISTICO ALBERGHIERA
- INTERMEDIARI IMMOBILIARI E PROPERTY MANAGER
- INTERMEDIARIO E INQUADRAMENTO CONTRATTUALE
- TRA MANDATO E RENT TO RENT
- CONCLUSIONI
* Nonostante la differenza civilistica tra la nozione di locazione e quella di affitto, nel presente articolo i due termini sono da intendersi quali sinonimi, per facilità espositiva, vista la diffusione, nel parlato comune, del termine affitto ad indicare la locazione.
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Il comparto delle locazioni turistiche ha concluso il 2021 con una crescita record che si attesta attorno al +203%. Un nuovo business che fa gola a molti. Ma quali sono le insidie dal punto di vista fiscale e giuridico che il fenomeno degli affitti brevi porta con sé? Se si è proprietari di una casa, è possibile darla in locazione ai turisti senza aprire partita IVA? Quando vi è la possibilità di incorrere in sanzioni? È possibile offrire servizi aggiuntivi agli ospiti? E ancora: con quale contratto è possibile incaricare un terzo a gestire le locazioni turistiche?
IL BOOM DELLE LOCAZIONI BREVI A USO TURISTICO
Da un lato ci sono persone che necessitano di un alloggio per le vacanze che sia flessibile e più economico di un hotel. Dall’altra, soggetti privati che sono proprietari di un’immobile e sono disposti a concederli in locazione per brevi periodi, per massimizzarne le rendite riservandosene la possibilità di utilizzo per alcuni periodi.
Per questo il boom degli affitti brevi è un fenomeno in costante crescita.
Nel 2019 Airbnb ha registrato nel mondo, 326,9 milioni di notti prenotate tramite la sua piattaforma.
Airbnb è il portale più grande al mondo per quanto riguarda le locazioni brevi; come molti altri portali (Homeaway.com, Holidu.it, Hometogo.it, etc.) mette in contatto persone in cerca di un alloggio per brevi periodi, con privati che dispongono di uno spazio extra da affittare.
Basta guardare anche solo ai numeri appena citati per rendersi conto che la locazione turistica di immobili abitativi è un fenomeno enorme, con implicazioni da non sottovalutare, soprattutto sul piano fiscale. A questo si somma la miriade di annunci privati sui social network con cui i privati mettono, autonomamente, a disposizione alloggi per accogliere turisti.
CAMBIA IL TURISMO, L’HOSPITALITY E (PIAN PIANO) CAMBIA IL DIRITTO
Dopo l’inevitabile arresto dovuto alla pandemia da Covid-19 nel 2020, il 2021 in particolare è stato teatro di una nuova tendenza per il turismo: la preferenza per gli alloggi privati, motivata da una maggiore attenzione verso sicurezza, privacy e flessibilità.
In Italia, si stimano circa 20 milioni di proprietari di immobili, spesso vuoti o persino fatiscenti. Tanti privati hanno compreso e colto l’opportunità di mettere a reddito i propri immobili con le locazioni turistiche, perché tendenzialmente meno soggette a vincoli burocratici e caratterizzate da possibilità di guadagno più elevate rispetto alla locazione pura (abitativa).
Inoltre, se fino a poco tempo fa la locazione di immobili privati a scopo turistico riguardava per lo più soggetti che desideravano mettere a rendita per qualche settimana la seconda casa, ora, vista la crescente richiesta e la correlata opportunità di guadagno, anche chi non ha un immobile di proprietà si attiva per reperirlo con la formula del rent to rent.
Il cd. rent to rent immobiliare è appunto una strategia sempre più diffusa che consiste nel prendere in locazione da chi ne è proprietario, un immobile al solo fine di destinarlo (subaffittarlo) a locazione breve. Nel rent to rent, lo scopo è quello di creare un business, il cui guadagno è dato dalla differenza di prezzo tra il costo del canone dovuto al proprietario per la locazione dell’immobile e i canoni ottenuti dalle (sub)locazioni turistiche.
Il rent-to-rent è dunque una forma particolare di sublocazione affermatasi nell’ambito delle locazioni brevi, non necessariamente solo di natura turistica, che ha dato vita, di fatto, ad un nuovo segmento del settore immobiliare che necessita di regolamentazione e di figure professionali competenti.
LOCAZIONI BREVI TURISTICHE: UN BUSINESS PIU’ VELOCE DEL DIRITTO
Ma cosa sono esattamente le locazioni brevi?
Di fatto sono locazioni che nascono per rispondere a esigenze specifiche di chi, per motivi di lavoro o turismo, ha necessità di disporre di un alloggio per una durata breve, a volte non di più di uno o due giorni.
Ad oggi manca ancora una disciplina chiara ed onnicomprensiva sulle fattispecie riconducibili al diffondersi inarrestabile di questo tipo di esigenze, essendoci una legislazione complessa e di non facile interpretazione e correlazione.
Pertanto, in tema di locazioni brevi turistiche di immobili è ormai lo stesso business ad aver affermato prassi e schemi contrattuali, rispetto alle quali la normativa degli ultimi dieci anni sembra giungere un po’ in ritardo rispetto alle necessità delle circostanze effettive.
Da qui le incertezze ed i rischi di natura giuridica e fiscale che accompagnano proprietari e terzi coinvolti nell’apparentemente facile mondo delle locazioni brevi turistiche.
LOCAZIONI BREVI A SCOPO TURISTICO E ATTIVITA’ DI RICEZIONE TURISTICO ALBERGHIERA
Le locazioni brevi ad uso turistico si sono affermate e autoregolamentate prima nella prassi che nel diritto. Inizialmente gli affitti a scopo turistico erano regolati solamente dal Codice Civile e dalla legge 431/1998. È intervenuto poi nel 2011 il Codice del Turismo che tuttavia ha normato in via solo residuale le locazioni turistiche di immobili abitativi.
Per la prima volta il D.L. 50/2017 definendo il regime fiscale delle locazioni turistiche, ha stabilito, all’art.4, che :
“...si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online.”
Ma facciamo chiarezza: cosa significa “al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa”?
Ricordiamo che per essere definita come imprenditoriale, un’attività deve essere economica, esercitata professionalmente e organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e di servizi.
In altre parole, in via generale, se un soggetto privato decidesse di mettere a reddito un immobile di sua proprietà affittandolo saltuariamente ai turisti, non si configurerebbe attività di impresa e dunque non sarebbe necessaria l’apertura della partita IVA e dei relativi adempimenti fiscali ed amministrativi.
Tuttavia, se oltre al godimento dell’alloggio e al servizio di fornitura biancheria e pulizia del locale, il proprietario fornisse all’ospite anche altri servizi aggiuntivi, ad esempio: colazione, tour guidati, servizio di navetta aeroportuale, intrattenimento vario, etc. non avremo più locazione turistica perché si configurerebbe attività di impresa e nello specifico attività imprenditoriale di ricezione turistico alberghiera.
Quindi, qual è il confine tra locazione breve e attività di impresa turistico-ricettiva?
La differenza tra le due fattispecie non è cosa di poco conto perché le conseguenze giuridiche, fiscali ed amministrative sono nettamente diverse.
A chiarimento è intervenuta anche la Legge n.178/20 che ampliando la casistica, pone la presunzione di attività imprenditoriale dell’operazione, nel caso di destinazione alla locazione breve di più di 4 appartamenti.
Quindi: la locazione breve turistica non configura attività di impresa solo quando:
- non sono forniti ulteriori servizi oltre a quelli specificamente menzionati nel D.L 50/2017
- l’attività non è organizzata in forma di impresa ma mantiene carattere saltuario e non professionale
- si mettono in locazione non più di 4 appartamenti.
Se quindi, il proprietario di 4 o più immobili intende destinarli a locazione turistica o se, di questi voglia adibirne anche una sola stanza a locazione turistica offrendo servizi supplementari, sarà necessario:
– aprire la partita IVA,
– iscriversi alla Camera di Commercio,
– presentare la SCIA
– adempiere a tutti gli altri oneri previsti dalla Regione in cui è situato l’immobile.
Da qui la crescente necessità di reperire sul mercato soggetti con capacità e autonomia organizzativa, cui poter affidare la gestione del patrimonio immobiliare.
INTERMEDIARI IMMOBILIARI E PROPERTY MANAGER
Fino a qui abbiamo considerato solo il caso in cui il locatore operi la locazione turistica senza intermediari. In quel caso, il proprietario dovrebbe prestare attenzione “solo” al contratto stipulato con il turista/conduttore, alle dichiarazioni fiscali e agli adempimenti amministrativi imposti dalla normativa regionale ove è ubicato l’immobile.
Si sta però sempre più affermando un nuovo settore di business, assimilabile a quello delle agenzie immobiliari tradizionali. Stiamo parlando degli intermediari intesi come mandatari, Property Manager e piattaforme di intermediazione. Figure ibride che oltre al ruolo di far incontrare la domanda e l’offerta per gli immobili da locare, assumono il compito di gestirne l’attività di organizzazione e promozione.
Nella prassi, chi si affida a terzi per la promozione e gestione dell’immobile lo fa per massimizzare la redditività senza doversi preoccupare degli aspetti burocratici, fiscali o meramente gestionali connessi all’attività.
In questo caso il Proprietario deve prestare attenzione alla tipologia di accordo che stringe con il terzo intermediario, perché è a seconda della tipologia di contratto scelto (rent to rent, mandato, affitto d’azienda ecc..) che nascono obblighi sul piano fiscale e gestionale, la cui violazione comporta sanzioni e brutte sorprese.
Ad oggi la legge non è ancora intervenuta a definire in modo specifico la figura professionale degli intermediari (nessun codice ATECO specifico, ad esempio), l’assenza di caratteristiche univoche e l’estrema fluidità propria di questi profili emergenti, ha fatto sì che la prassi porti a individuare nell’agente immobiliare o nel Property Manager il soggetto deputato all’assunzione dell’incarico.
INTERMEDIARIO E INQUADRAMENTO CONTRATTUALE
Chiarito che non vi è una fattispecie contrattuale tipica, l’incarico al terzo gestore può essere generalmente conferito tramite:
- Contratto di rent to rent (locazione con autorizzazione alla sublocazione)
- Contratto di agenzia
- Procacciamento di affari
- Contratto di mandato
- Affitto d’azienda
Ciascuno di questi rapporti giuridici lega il proprietario all’intermediario in modo differente, con diverse conseguenze sia sul piano fiscale che giuridico in termini di diritti, effetti giuridici e responsabilità.
Ad oggi, è il proprietario dell’immobile a definire l’inquadramento contrattuale dell’intermediario a seconda del risultato che il medesimo si prefigge di ottenere e dell’estensione dell’incarico che intende affidare al terzo, deputato alla gestione e valorizzazione dell’immobile da locare.
La legge in materia non è esaustiva essendo intervenuta solo sul piano fiscale stabilendo che
“ i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on line, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, operano, in qualità di sostituti d’imposta, una ritenuta del 21 per cento sull’ammontare dei canoni e corrispettivi all’atto dell’accredito e provvedono al relativo versamento con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e alla relativa certificazione ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Nel caso in cui non sia esercitata l’opzione per l’applicazione del regime di cui al comma 2, la ritenuta si considera operata a titolo di acconto (art. 4 D.l. 50/2017 5 comma)”
La norma, per individuare l’intermediario obbligato a tale incombenza, pone l’accento sul soggetto deputato a incassare i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di locazione breve, con ciò estendendo l’obbligo a operare quale sostituto di imposta a chiunque nell’espletamento dell’attività di gestione di immobili si trovi a svolgere tale incombenza.
n.b.
Ricordiamo, per completezza espositiva, che gli agenti immobiliari sono in realtà professionisti legati al committente da un contratto di mandato, ex. art. 1754 c.c.. come confermato dalla dicitura del Codice ATECO. 68.31.00 “attività di mediazione immobiliare” e hanno quale caratteristica principale l’obbligo di imparzialità, che indurrebbe a ravvisare profili di incompatibilità con lo svolgimento dell’incarico di gestione immobili conto terzi per finalità turistiche. Va quindi ben disciplinato l’incarico qualora la locazione turistica fosse affidata agli agenti immobiliari strettamente intesi.
TRA MANDATO E RENT TO RENT
Ma qual è la forma più sicura e vantaggiosa per affidare la gestione degli immobili a terzi?
In assenza di una disciplina organica sulle locazioni brevi turistiche che riesca a normare circostanze oggettive e soggettive che si riscontrano in questo contesto, non è ovviamente possibile dare una risposta univoca.
La scelta tra mandato e sublocazione porta con sé delle differenze proprie del contesto generale da cui nascono e, in alcuni casi, non rispondono perfettamente alle esigenze delle dinamiche tipiche dell’intermediazione per i contratti di locazioni brevi turistiche, soprattutto se operati online.
È quindi necessario, in primis comprendere la differenza tra questi due tipi di contratti e, successivamente rivolgersi ad uno studio legale specializzato per una consulenza ad hoc e un contratto personalizzato, diffidando dai modelli di contratto o fac simili rinvenibili in internet.
Il mandato (con rappresentanza), consente al proprietario dell’immobile (mandante) di affidare la conclusione del contratto di locazione ad un terzo (il mandatario) che lo stipula in nome e per conto del mandante.
Nel rent-to-rent o sublocazione, invece, come spiegato all’inizio, è l’intermediario che, con spirito imprenditoriale è interessato alla più redditizia locazione breve turistica; il proprietario si limita a dare in locazione l’immobile ad un soggetto che, a sua volta lo promuove e gestisce come meglio crede. In questo caso il rischio di non riuscire ad affittare l’immobile è completamente a carico del sublocatore che sarà comunque tenuto a corrispondere il canone al proprietario anche se la domanda viene a calare.
(Circostanza, questa, verificatasi molto spesso nel 2020 con il blocco dei flussi turistici causati dalla pandemia da Covid-19).
Entrambi i tipi di contratto hanno vantaggi e svantaggi.
Nel rent-to-rent i vantaggi sono:
- Margini di profitto maggiori per il sublocatore
- Durata maggiore
- Stabilità
- Vantaggi fiscali
Gli svantaggi invece sono quasi tutti riconducibili a:
- Rigidità finanziaria
- Rischio maggiore per il sublocatore
Nel mandato si riscontra invece:
- Maggiore flessibilità
- Assenza di costi fissi
- Rischio ridotto
L’altro lato della medaglia mostra però:
- stabilità minore (risoluzione più semplice del contratto di mandato)
- margine di profitto minore
Sempre più spesso, proprietari ed intermediari stringono pattuizioni che sono a metà strada tra il mandato e la sublocazione, pensando di ottenere vantaggi fiscali e gestionali.
In realtà, questo tipo di accordi prestano il fianco a sanzioni e problematiche da non sottovalutare. In alcuni casi il proprietario e il Property Manager (impresa) stipulano un contratto di mandato che però nella sostanza presenta le caratteristiche della locazione pura, con tutti i risvolti negativi che da questo ne possono derivare.
In altri le parti contrattuali si affidano a scritture private con clausole obbligatorie spesso in contrasto con la natura stessa del contratto, che presentano profili di criticità interpretativa in ipotesi di contrasto tra proprietario e gestore.
Pertanto, dietro il presunto vantaggio di questi contratti fittiziamente ibridi, si nascondono diverse insidie che rendono il contratto contestabile da entrambe le parti (o dal terzo, turista-conduttore) oltre che sanzionabile fiscalmente.
CONCLUSIONI
Per questo, agli operatori di settore e anche al singolo proprietario che decide di intraprendere autonomamente questa forma di business è altamente consigliata una consulenza preventiva in ambito del diritto dell’hospitality, finalizzata a valutare la forma contrattuale e le clausole, che meglio si adattano al proprio contesto e agli obiettivi che ci si è prefissi di raggiungere.
Per una consulenza su misura, siamo a disposizione in sinergia con Hospitality Law Lab centro studi dedicato all’approfondimento di questo nuovo settore del diritto.
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Attenzione:
Le informazioni sopra riportate non sostituiscono una consulenza legale specifica resa direttamente all’interessato ma hanno il solo scopo di commentare per fini divulgativi la normativa in vigore. La disciplina sul tema in oggetto potrebbe variare per effetto di disposizioni concomitanti e/o successive alla pubblicazione datata 1/3/2022.
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